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  • Immagine del redattoreFrancesca Maria Lorenzini

Il circolo vizioso dell’apolidia in Libano

Aggiornamento: 13 mag 2023


In Libano, l’apolidia è un fenomeno strettamente legato alla storia della creazione dello Stato libanese, ma anche per il suo status di paese ospitante per i rifugiati in fuga dai vari conflitti nel Medio Oriente. Nonostante il loro numero sia difficile da stimare, le persone apolidi nel Paese sono decine di migliaia con profili molto diversi tra loro.

Il principio di nazionalità è stato introdotto nel Paese nell’ambito delle Tanzimat, una serie di riforme compiute nell’impero ottomano durante la seconda metà del XIX secolo, con l'adozione della legge ottomana sulla nazionalità del 1869.

Con lo smembramento dell’impero in seguito alla prima guerra mondiale, lo stato del Grande Libano fu istituito il 31 agosto 1920, su mandato della Società delle Nazioni concesso alla Francia. Sebbene un primo censimento della popolazione sia stato effettuato nel marzo 1921, la nazionalità libanese è legalmente istituita nel 1924 ai sensi del Trattato di Losanna (1923), che stabilisce che “qualsiasi suddito turco (ndr. Ottomano) residente nei territori del Libano il 30 agosto 1924 si conferma suddito libanese”.

Fu proprio il concetto di cittadinanza la causa della prima ondata di apolidi libanesi. Si tratta di persone non registrate al censimento del 1921 - boicottato da diversi gruppi come segno di opposizione all’impresa coloniale francese - e che non hanno avuto la possibilità di provare la loro residenza nel territorio del Grande Libano entro il 30 agosto 1924. Queste persone hanno quindi perso la nazionalità ottomana, senza acquisire quella libanese.

Un secondo censimento ha avuto luogo nel 1932, che ha aiutato a naturalizzare più di 200.000 persone, per la maggior parte cristiane. Ai rifugiati e migranti musulmani, come i curdi dell’Anatolia, è stato infatti negato il diritto di essere riconosciuti come cittadini libanesi.

L’articolo 12 del nuovo decreto prevedeva inoltre la dimostrazione di vivere stabilmente, per più di sei mesi all'anno, in Libano per essere riconosciuti in qualità di cittadini. Pertanto, molti beduini sunniti che si spostavano stagionalmente tra la pianura della Bekaa e la Siria, sono stati esclusi dalla nazionalità libanese.

Tuttavia, in seguito a un processo di sedentarizzazione, è diventato necessario per questa comunità l’acquisto di terreni per portare avanti attività agricole e pastorali. L’apolidia si è quindi rivelata un sostanziale ostacolo.

Le persone che sono state invece registrate come “straniere” nel censimento del 1932 - è il caso dei curdi dell’Anatolia - sono state classificate come di “nazionalità indeterminata” e hanno ricevuto una carta d'identità specifica. Tali soggetti potevano avviare procedimenti legali per ottenere la cittadinanza libanese fino al 1958, ma molti di loro si sono astenuti dal farlo per diversi motivi, tra cui il timore di dover svolgere il servizio militare, lo status d’immigrati irregolari e la mancanza d’informazioni generali sui propri diritti.

Un’altra ondata di profughi è arrivata in Libano in seguito alla costituzione dello Stato di Israele nel 1948, anno della cosiddetta nakba (catastrofe), ovvero la fuga di oltre 700.000 palestinesi in seguito alla prima guerra arabo-israeliana. Di questi, circa 130.000 si stabilirono in Libano tra il 1948 e 1949.

Non è noto il numero esatto dei palestinesi che hanno ottenuto la cittadinanza libanese, quel che è certo è che la maggior parte erano cristiani, persone di origine armena o membri della borghesia - musulmani compresi. Lo Stato libanese è restio a concedere la nazionalità libanese ai profughi palestinesi, per la maggior parte musulmani sunniti, per timore di uno squilibrio negli equilibri religiosi del Paese, già fragili.

A partire dagli anni Sessanta il governo libanese ha tentato di contenere il fenomeno dell’apolidia, con scarso successo. La creazione dello status "in fase di studio" si è rivelata infatti fallimentare rendendo, di fatto, più complessa la situazione dell'apolidia in Libano.

Un altro passo è stato fatto nel 1994 con il decreto di naturalizzazione che mirava a naturalizzare decine di migliaia di apolidi. Tuttavia, questa iniziativa è stata ampiamente utilizzata per scopi politici in previsione delle elezioni legislative del 1996, concedendo la nazionalità libanese in larga parte a persone che già ne avevano.

Tra le popolazioni specificatamente colpite dall’apolidia ricordiamo i Dom, una minoranza etnica presente in Medio Oriente, Africa del Nord e India. Coloro che parlano Domari fanno parte di comunità nomadi sfuggite alle varie imprese di censimento della popolazione condotte nell'ambito del Mandato francese e, nonostante la naturalizzazione concessa nel 1994, molti sono ancora apolidi. Tra le ragioni della persistenza dell'apolidia tra i Dom vi è il fatto che la nazionalità libanese viene negata ai loro figli che, a causa della pratica dei parti in casa e gli alti tassi di analfabetismo dei genitori, spesso non vengono nemmeno registrati all’anagrafe, instaurando così un circolo vizioso.

Inoltre, soprattutto tra le comunità musulmane sunnite, la mancata trascrizione dei matrimoni - spesso legata a fenomeni quali le unioni precoci e la poligamia - è stata individuata come una delle principali cause di mancata registrazione delle nascite. Come se non bastasse, la legge libanese nega alle cittadine il diritto di trasmettere la propria nazionalità ai figli che, qualora nascano dall’unione con uomini non libanesi, sono a rischio significativo di apolidia.

Ancora più complessa è la situazione per le persone in fuga dalla guerra civile siriana, in corso da oltre un decennio. Al culmine della crisi, il Libano ha ospitato fino a un milione di rifugiati siriani che, per timore di rivolgersi alle autorità con il rischio di essere rimandati in Siria o per ignoranza del sistema burocratico libanese, molti genitori siriani non registrano la nascita dei propri figli.

In aggiunta, come nella legge libanese, solo il padre può dare la nazionalità siriana ai suoi figli: i bambini nati da madre siriana ma il cui padre è assente sono quindi a rischio di apolidia. Queste sono le condizioni in cui si trovano circa il 20% delle famiglie di rifugiati siriani. In un sondaggio del 2014 condotto dall'UNHCR, su 5.779 neonati siriani in Libano, il 70% non aveva un certificato di nascita ufficiale.

Articolo a cura di Francesca Maria Lorenzini

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